Posso liberarmi del dolore che vivo ogni giorno?
Poco tempo fa, facendo memoria delle diverse richieste fatte da tanti di miei pazienti affetti dal dolore muscoloscheletrico persistente, ognuno con delle caratteristiche proprie, decisi di scriverle, per poi accorgermi che esiste un percorso del pensiero “naturale” e ricorrente in chi soffre, che porta le persone a farmi spesso domande simili.
Partendo della prima domanda che mi è venuta in testa, oggi, proverò a raccontare le mie risposte.
“Perché mi fa male? Ma cos’è questo dolore?”
Inizio spiegandoti che il dolore è il modo che il corpo ha per comunicare ciò che sta provando. Spesso siamo così presi delle attività quotidiane che ci dimentichiamo del nostro corpo, il quale ci invia dei messaggi che ci indicano che dobbiamo fermarci per accertare che tutto vada bene. Se non lo facciamo, si mette a gridare e questo urlo è il dolore che ci fa reagire, paralizzandoci, fuggendo, oppure combattendo.
“Ma il dolore ci indica che c’è un problema organico concreto?”
Non necessariamente. Dobbiamo stare attenti: se ci fosse un danno evidente ai tessuti, passato il tempo fisiologico di guarigione il dolore dovrebbe scomparire, ma se perdura conviene escludere delle possibili ma rarissime patologie da curare. Ho tanti pazienti portatori di dolori protratti, ma che dopo diversi studi orientati a scoprire delle precise patologie, non hanno una diagnosi precisa. A questo punto, c’è la possibilità, inoltre la più frequente, che il problema sia dovuto al rapporto tra la persona con il suo corpo.
“E cosa significa rapportarsi con il proprio corpo?”
Rispondo con una domanda: “Quale è l’utilizzo che fai del tuo corpo?”
Elencando gli aspetti coinvolti in questa azione, come quelli fisici, della cognizione che abbiamo di noi stessi legati al movimento, quelli relativi al modo di pensare e ai comportamenti risultanti, definiamo il modo di correlare il dolore che proviamo con i fattori causanti del male.
Ricordo anche di aver chiesto a più di uno di loro:
“Cosa fa il tuo corpo quando sollevi un peso o stai ore al computer?”
La verità è che sei tu ad avere il potere per decidere di creare la strategia giusta e metterla in atto, sia quando pensi, quando ti percepisci, ma anche quando ti muovi. Il binomio che agisce è sempre composto dal tuo corpo e dalla consapevolezza di te stesso. Quindi, la qualità nel modo di usare il tuo organismo “MENTE-CORPO” dipenderà dalla tua volontà, della tua conoscenza sul dolore e della tua consapevolezza.
Spesso qualcuno ha messo in dubbio la mia spiegazione dicendo:
“Conosco delle persone che fanno lavori usuranti e non si lamentano del dolore”.
Infatti, il dolore è individuale nel modo di manifestarsi. Nel corpo umano la debolezza non si esprime solo nell’apparato muscolo scheletrico, ma anche nei pensieri, nelle credenze inutili, nelle emozioni nocive e negli atteggiamenti sbagliati. A volte è la società in cui viviamo che ci porta fuori dalla zona di comfort e ci costringe a patire problemi muscolari causati dallo stress che ci provoca. Se migliora la situazione sociale-lavorativa, questi problemi muscolo scheletrici diminuiscono.
Un’altra persona, dopo aver conosciuto e compreso questo argomento, ha suggerito:
“Vuol dire che se imparassi a conoscere il mio dolore e ad avere sane abitudini, il dolore potrebbe andarsene o almeno attenuarsi?”
Probabilmente, se trovi il professionista adeguato ad intraprendere con te un percorso di trasformazione della tua condizione, lavorando in prima persona, proattivamente, potrai un po’ alla volta vedere dei risultati, mentre promuoverai un migliore funzionamento integrale partendo da un pensiero positivo, gestendo le tue emozioni e applicando schemi di movimento virtuosi.
Tornando all’affermazione dei miei pazienti che ha originato questa esposizione, alcuni mi riferivano che, se nei giorni buoni non provavano dolore, questo rimaneva sempre “attivo” nella loro testa e che, a volte, senza nessun trauma apparente si ripresentava: non riuscendo a prevederne l’arrivo si sentivano limitati nel decidere di fare o meno una certa cosa, chiedendomi:
“Cosa posso fare nelle situazioni di riacutizzazione del dolore?”
Suggerisco ai miei pazienti che la cosa migliore mentre ci sono sia il dolore sia l’incertezza, sarà abituarsi a conviverci con fiducia, cioè senza paura, perché dobbiamo sapere che le riacutizzazioni, dette, “fiammate” (“flare up”), appartengono alla natura del mal di schiena persistente, ma siamo anche sicuri che, un po’ alla volta, se ne andranno. Quando inizi un’attività e senti che lentamente riprende il dolore, rallenta quello che stai facendo e, la prossima volta, riprova ancora a fare un po’ di più, fino a raggiungere il tuo ritmo. Inoltre, non è importante capire ogni volta cosa abbia innescato il dolore perché non sempre è possibile, ma col tempo imparerai a riconoscere cosa ti ha sbilanciato, reagendo in tempo.
Mi ha chiesto ancora qualcuno, colpevolizzandosi:
“Quindi, sono io il responsabile del mio dolore?”
In certo senso, si! Questo perché la chiave di volta è il modo in cui reagisci agli stimoli dolorosi che ti vengono presentati. L’importante è munirsi delle capacità per risolvere quei momenti. La soluzione dipende di una serie d’abilità che scoprirai in te stesso, perché fortunatamente l’uomo ne è già dotato; ci riferiamo al fatto di avere la propria cognizione, la percezione, i sentimenti che scattano quando servono, per poter pianificare e mettere in atto la strategia più adeguata.